martedì, gennaio 31, 2006

Jane

“Fuori dal mondo, veramente fuori dal mondo”
Nella mente offuscata di rabbia cieca di Jane non riuscivano ad articolarsi che queste secche parole.
Uscì di casa sbattendo la leggera porta in legno con tutta la violenza di cui era capace, lasciando la ingiallita controporta a zanzariera a sbattersi da sola.
Scese di corsa i tre scalini del portico e accelerò il passo verso la sua auto.
Non doveva correre, correre significava mostrarsi offesa, camminare invece denotava disappunto, anche se più che disappunto ciò che la ragazza voleva mostrare era una incazzatura nera.
Mentre saliva in macchina evitò in tutti i modi di guardare in direzione dell’uscio di casa, tendendo però bene l‘orecchio.
“Nemmeno mi corre dietro ! Non gliene frega niente !”
Quanto odiava quando faceva così.
Odiava quella sua aria di sufficienza quando lei gli urlava addosso, come se tutto ciò che dicesse erano solo gli sfoghi di una bimba, che avrebbe capito meglio dopo.
Odiava quando la lasciava andare via, sicuro che sarebbe tornata, o quando se ne andava senza girarsi, convinto che lei li sarebbe sempre corsa dietro.
Cosa che puntualmente faceva.
Odiava soprattutto questo, il fatto che lui si sentisse sempre enormemente più maturo di lei, più sicuro, più GRANDE !
E adesso questo.
Sbatté la portiera rosso ruggine della Pontiac; mentre passava dal lato passeggero a quello guida urtò con la gamba il cruscotto aprendolo, così sbatté anche questo, e, finite le cose da maltrattare, infilò la chiave ed accese il motore con più forza possibile.
Lo sforzo maggiore però, era ricacciare indietro le fottute lacrime.
La porta di casa si riaprì, e ogni decisione di Jane di non girarsi andò subito dimenticata.
Era lui.
Diede due accelerate poderose mentre lui camminava (“Cammina !”) verso di lei, mentre decideva se fosse stato meglio partire adesso o dopo, perché nulla di ciò che avrebbe potuto dirle l’avrebbe fermata … tutto tranne …

"JANE""

Distolse lo sguardo, si sentiva una scema e non sapeva perché.

"JANE !"

Però per una volta, forse la prima volta, voleva che lei restasse, voleva chiederle scusa, di perdonarlo.
Forse gli avrebbe detto che era stato uno stupido, che aveva avuto una idea folle, ispirata da quei folli dei suoi amici.
Si, indubbiamente non poteva parlare sul serio, nessuno nei suoi panni farebbe mai ciò che ha detto che farebbe …
Era arrivato alla macchina e lei si girò per vederlo appoggiarsi con entrambe le mani allo sportello; lo fece come se arrivare lì lo avesse stremato, come se quei sei metri che aveva fatto quasi lentamente fossero stati i cento metri ad ostacoli.
Jane non poté comunque non notare che si era rivestito in fretta.
Portava i jeans di D&G falsi con il bottone slacciato e la canottiera bianca non stirata che si trovava sulla tavola da pranzo quando lei era schizzata fuori, la barba di due giorni che le pungeva la pelle quando la abbracciava per minuti interi, il tatuaggio giapponese che tante volte lei aveva accarezzato e baciato era in bella vista sulla sua spalla muscolosa, mentre la cinta scura che tre anni prima lei gli aveva regalato per il matrimonio della sorella li pendeva slacciata al fianco.
Era veramente affascinante anche così, sudato e brutale.
Per ogni cosa che in lui non gli piacesse ce ne erano sempre molte di più di cui non avrebbe mai potuto fare a meno, come se l’eccessiva sicurezza, lo smisurato orgoglio e l’apparente quanto ostentato egoismo fossero il prezzo da pagare per tutta la sicurezza, l’amore, l’ammirazione e la fiducia che da sempre permeava il loro rapporto.
Lui non aveva ancora aperto bocca che parte del suo cuore lo voleva già stringere a sé, come tante volte era successo prima.
Guardo ancora una volta, di sfuggita, il viale assolato che si apriva sgombro davanti a lei, come se accarezzasse l’idea di andarsene per davvero, ma quella che pochi secondi prima gli sembrava la cosa giusta, l’unica vera cosa giusta per sé stessa da fare, ora gli appariva come una pazzia.
Lo guardò di nuovo, stavolta nei suoi occhi azzurro-bianchi.
Anche lui ricambiò il suo sguardo, e lei non poté più trattenere le lacrime che le scesero veloci sulle guance.

"Jane - esordì lui per la terza volta - tu non cpaisci, io non capbierò idea .."

Il piede scese per tutta la corsa dell’acceleratore come se fosse diventato un macigno, l’auto forzò tutto sulle ruote posteriori facendole stridere; poi, quando i pneumatici fecero presa, la Pontiac V8 partì a razzo, lasciando dietro di sé segni neri, puzza di bruciato, occhi lacrimanti e due cuori spezzati.

2 commenti:

Karoo ha detto...

Domanda: cosa ha deciso di fare il ragazzo per far incacchiare così tanto Jane ? (chi vince li dedico un post)

Karoo ha detto...

(vabbè non fregava a nessuno ;)