martedì, gennaio 31, 2006

Bushido 2

C'era una volta un grande Shogun che, affascinato dai combattimenti tra galli, chiese al miglior addestratore di samurai di allenare per lui un grande gallo da combattimento.
Il samurai accettò con gratitudine tale compito, e una volta scelto il gallo adatto, iniziò con lui l'addestramento.
Dopo tre mesi lo Shogun fece chiamare il samurai e gli chiese:
"E' pronto il mio gallo per combattere e vincere in combattimento ?"
"Non ancora mio signore - rispose il samurai - egli si agita sentendo odore di sangue, scalpita e si infiervorisce quando sa che dovrà combattere"
"E questo non è un bene ?" chiese incuriosito lo Shogun.
"No mi signore, non è ancora pronto".
Lo Shogun era titubante, ma ponendo piena fiducia nelle doti del suo servitore, non pose altre domande.
Dopo altri due mesi lo Shogun fece nuovamente chiamare il samurai; quando questi arrivò, gli chiese:
"E' pronto per mietere vittorie adesso, il mio gallo ?"
"Non ancora mio signore - si rammaricò nel rispondere il samurai - questi è calmo ora, e non crea problemi, ma attacca ogni altro gallo che incontra, e reagisce con veemenza alle loro provocazioni"
Lo Shogun ancora non capiva quale fosse il problema, ma concesse al suo servo ancora del tempo.
Dopo altri due mesi lo Shogun chiamò il samurai al suo cospetto per la terza volta.
"E' finalmente pronto al combattimento il mio gallo ?" chiese temendo la risposta.
"Mio signore, egli ha ultimato l'addestramento.
Egli non scalpita più e non si agita in presenza di altri galli.
Egli non reagisce alle loro provocazioni, e rimane impassibile anche quando lo sbeffeggiano con i loro canti.
Il suo spirito è calmo e il suo cuore è leggero".
"E' quindi pronto ?" chiese ancora lo Shogun.
"Si mio signore, ora è pronto" rispose soddisfatto il samurai.

Venne allestita una grande festa ed un ampia gabbia dove tutti i galli ancora legati poteva agitarsi e attaccarsi fra loro in pregustazione del combattimento.
Quando nella gabbia però entrò il gallo dello Shogun, tutti gli altri si zittirono.
Lo guardarono negli occhi, e nei suoi occhi lessero la possenza del suo spirito, la muraglia di pietra del suo animo e la sua infinita risolutezza.
Lessero questo e tutti i galli si piegarono dinnanzi a lui, perché lui aveva già vinto.

4 commenti:

Karoo ha detto...

Questo racconto ovviamente l'ho letto, ma non avendolo sotto mano l'ho riscritto attenendomi il più possibile alla mia memoria.

Karoo ha detto...

Dipende cosa intendi per "Io", ovviamente l'individualità è in secondo piano, il samurai non vive per se stesso.

Karoo ha detto...

Bè, non è proprio cos', ma comunque essere gratificati è un pensiero egoistico.
Anche i samurai tenevano a se stessi, ci tenevano tanto da sacrificare la propria vita per mantenere l'onore del proprio spirito.
Per un samurai, scappare lasciando il campo di battaglia ed i propri compagni a morire forse può salvare la tua vita, ma uccide il tuo spirito e ti toglie qualunque motivo per continuare a vivere; era questo che intendevo.
Ripeto, non è un concetto difficile da capire ma per noi occidentali opportunisti cresciuti nel capitalismo è arduo apprenderlo veramente, sentirlo dentro.

Karoo ha detto...

Comunque hai un cugino che praticamente è docente in materia e stai a rompe a me !! ;)