mercoledì, febbraio 01, 2006

Scacchi

Lo sguardo freddo e disinteressato seguiva con lentezza i goffi movimenti di quello che per lui altro non era che un numero, una nota a pié di pagina nell'infinito albo dell'eternità.
Lo vide sorreggersi alla sua spada, spostando tutto il peso sulla grande elsa di avorio intagliato, quasi luminoso immerso com'era in quell'oscuro antro di caverna, tanto profonda da far credere di essere al centro del mondo.
La sua gamba cedette e ancora una volta la carne di spiegò sulla ferita all'addome, strappando al crociato un sommesso urlo di dolore.
Il nero individuo sollevò di poco gli occhi per incontrare quelli accesi e decisi dell'uomo, intendo a riacquistare la dignità di una eretta posizione, per meglio affrontare ciò a cui andava incontro.
Passarono alcuni secondi che parvero svariati minuti prima che questo accadde, e l'uomo poté appoggiare la sua schiena all'umida parete rocciosa alle sue spalle, usando ancora la grande arma come un bastone da passeggio.
"Finalmente sei arrivato .."
disse non senza sforzo; la sua voce era calma, il timbro forte anche nell'agonia di una ferita mortale.
"Sono sempre stato qui"
Le labbra che pronunciarono la risposta non potevano essere umane, troppo bianche perché il sangue ci scorra attraverso, troppo eteree per appartenere ad un mortale.
"Se così è stato, io non ti ho mai visto - continuò il crociato, abbozzando un sorriso - per quante battaglie io abbia ingaggiato, per quanto sangue io abbia versato, mai la tua ombra ho scorto dietro di me, e mai il tuo respiro ho udito alle mie spalle .."
Un'impercettibile movimento fece oscillare la mantella scura dell'essere che ascoltava con impassibilità le parole del soldato. Lo guardò meglio, facendo scorrere la vista su tutta la sua figura. Chi mai avrebbe giudicato quell'uomo un prode guerriero ?
Stanco, sporco e dolorante, mostrava di appartenere al tramonto della giovenizza di un uomo; con la sua armatura malconcia, il suo drappo bianco tanto strappato e malridotto che poco mostrava della croce rossa di cui i crociati andavano sempre orgogliosi.
Piegato in due per il dolore, una ferita ancora aperta sull'addome sanguinava copiosamente sul pavimento, andando ad ingrandire la pozza di liquido rosso già preoccupantemente vasta sotto piedi.
"Stranamente - prosegui il tetro figuro, prendendo una calcolata pausa prima di proseguire - chi più mi vive accanto meno si accorge della mia presenza, e si illude di sfuggirmi più di altri"
Il tono era neutro, ma per l'uomo fu glaciale. Ogni sillaba che usciva da quella immonda fessura aveva il potere di farli gelare il sangue, di strappargli i peli di dosso.
"So che tu giochi" ebbe la forza di spirito di rispondere.
Una sorta di sorriso sembrò attraversare le labbra del suo interlocutore.
"Come lo sai ?"
"Le storie, i quadri, le leggende .. molti lo sanno, e sanno che se perdi, allora dovrai andare via"
Lo sguardo dello strano essere cambiò velocemente, ma in modo graduale, da freddo ad acceso, poi interessato, curioso ed infine beffardo.
"Sapranno anche che non ho mai perso una partita, allora"
"Bene, perchiò giochiamo!"
Per la prima volta una domanda venne posta al soldato, quasi con riluttanza:
"Perché vuoi farlo ?"
Con sorpresa, l'uomo rispose:
"Perché mi piace l'idea di giocare con il mio destino, di strappare con ogni pezzo che ti mangerò, attimi della mia vita che sono preziosi quanto tutti gli altri. Perché adoro l'idea di seguire la chimera di vincere, di riscattarmi e redimermi con un solo scacco matto!"
Il nero figuro fece due passi indietro e un rigonfiamento del suo abito fece spazio ad un piccolo tavolino e due scranni di legno, con una scacchiera già composta da pezzi di ebano e marmo, di fattura sublime.
Il soldato fece fatica a sedersi, ma prese comunque posto in maniera corretta, come se la ferita li procurasse non più che un fastidio, ormai.
Vide che a lui toccavano i bianchi e mosse il primo pedone in avanti di due caselle.
Il suo avversario prese invece un cavallo e lo alzò davanti al suo volto, rimirandone la lucentezza del nero alla luce della piccola torcia, che a tutto dava un'aspetto fatiscente.
Poi posò il pezzo sulla scacchiera, davanti agli altri, aggiungendo:
"Io ho i neri ... appropriato"
"So che con i neri è più difficile" accennò l'uomo con un mezzo sorriso.
"Non illuderti mio compagno. Perderai."

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