sabato, febbraio 25, 2006

Scacchi VII

Era di nuovo lì, indietro nel tempo e nello spazio; ed era nuovamente lui.
Adesso lo sapeva. L’immagine di sé stesso che aveva intravisto prima non lasciava dubbi.
Per quanto lui non potesse comprendere la strana situazione nella quale si trovava, sapeva di poterla sfruttare.
Strinse l’elsa della spada con forza ed entrò cauto nella caverna.
La luce fioca delle poche torce appese alle pareti allungava a dismisura le ombre di ogni piega della roccia, che apparivano agli occhi dell’intruso come un grande ed ardente fuoco in movimento.
Alessandro si inoltrò nell’oscurità, udendo in lontananza le grida di allarme, lanciate da qualche giovane sentinella che probabilmente aveva scoperto i cadaveri all’esterno.
La caverna era per lo più di formazione naturale; con pareti mal definite, spuntoni di roccia che fuoriuscivano da ogni punto; con strane curve serpeggianti e angoli bui nonostante l’illuminazione.
Alcune gocce che filtravano la terra fino a cadere dal soffitto procuravano un eco prolungato, scandendo ogni secondo passato in quel posto con il suo ticchettio, unico rumore in quel luogo immoto.
Andando più avanti il crociato si trovò di fronte a più bivi, che attraversò senza nemmeno pensarci. Quelli erano i corridoi che lo avrebbero visto morire, e difficilmente avrebbe potuto dimenticarli, nonostante più che di ricordi si trattassero di costanti deja-vu; la sensazione di una ripetizione globale.
Decise di accostarsi al centro di una curva cieca, appiattendosi al muro. Da dove si trovava ora, il guerriero poteva vedere l’imboccatura di una delle grotte limitrofe, meno illuminata delle altre, avente l’aspetto di una profonda gola di gigante.
Sapeva bene cosa vi si celava all’interno, questo lo rammentava alla perfezione, adesso.
Sapeva che lì dentro avrebbe trovato Ysmaela, pronta per fuggire via con lui, in un paese ancora più lontano dal suo perfido padre e dai suoi tirapiedi a pagamento.
Non indugiò oltre e varcò la soglia con la spada in pugno, ma il buio totale non gli consentiva di vedere niente. Tornò indietro a staccare dal supporto una delle torce appese ai muri, poi si inoltrò di nuovo.
Un’unica fonte di luce non era sufficiente ad illuminare tutta la caverna, ed Alessandro dovette fare molta attenzione a dove metteva i piedi, fino a quando non calpestò qualcosa.
Era il piede calzato di un cadavere.
Il sangue gli si gelò nelle vene: poteva essere lei !
Ogni certezza e spavalderia su quello che poteva avere dal giocare a scacchi con lo scuro signore crollò di colpo lasciandolo fermo con gli occhi sgranati, totalmente incapace di ragionare.
Non si sa dove trovò il coraggio di alzare il braccio, finché tutti i suoi muscoli non si distesero nell’illuminare il volto di una donna sconosciuta.
Un sospiro di sollievo gli sfuggì dalle labbra ma si ricordò che poteva non essere solo.
Nei suoi ricordi, o sogni, o qualunque cosa fossero, Ysmaela era legata e dormiente da qualche parte lì dentro, e prima l’avrebbe trovata prima avrebbe ingannato il destino nefasto che lo attendeva.
Agitò lentamente la torcia per illuminare altri cadaveri di giovani e ragazze, alcune appena bambine, tutti giacenti là sul freddo pavimento di roccia grigia.
Poi nella sua visuale entrò un’altra cosa, un palo di legno conficcato nella pietra, eretto fino a sopra la sua testa.
Alzò nuovamente il braccio ed illuminò lentamente lo strano manufatto, poi fece di colpo un passo indietro. C’era inchiodato qualcuno.
I piedi grondanti di sangue rappreso erano a pochi centimetri dal suo naso; nudi e deturpati dal grande chiodo che li teneva ben saldi al legno di faggio.
Alzò di scatto la torcia ed un urlo gli svuotò i polmoni.
Ysmaela giaceva in croce davanti a lui, inchiodata con mani e piedi alla trave eretta in quel luogo malsano. Il suo corpo nudo era coperto di ferite sanguinanti, che formavano nella sua pelle strani ed oscuri disegni.
Le ginocchia cedettero ed il crociato cadde a terra, lasciando cadere spada e torcia e poggiando con forza le mani sul pavimento, portando la testa tra di esse in un altro urlo di disperazione.
Niente attraversava veramente la sua mente, tutto il dolore gli aveva preso l’anima e la contorceva con forza, strappandogli atrocità che la mente non era capace di sostenere, ma solo di scomparire dinnanzi ad esse.
Lacrime solcarono quel volto tanto fiero, che lui si sarebbe strappato via con le unghie per non vedere quello che aveva visto. Per non sapere.

“Eccoti infame”
La voce lo riportò d’incanto alla grotta, percorrendo veloce come il fulmine la strada verso la furia crescente.
Urlò: “COME HAI POTUTO MALEDETTO !! COME HAI POTUTO !!!”.
Nessuna risposta.
“Lei era mia moglie … lei era tua figlia ! ERA TUA FIGLIAA !!”
Le dita si chiusero in una morsa ferrea, tanto da far sanguinare i palmi delle mani.
I muscoli di tutto il corpo si tesero fino a divenire acciaio.
“Lei non era più mia figlia straniero, tu l’hai uccisa quando l’hai sposata”
Un verso più simile all’animale che all’uomo riempì l’intera grotta mentre il guerriero si alzava non più padrone di sé stesso. Si girò e vide Janus.
Un uomo scuro di pelle, vecchio e curvo, con il viso spento come quello di un dipinto mal eseguito.
Fece due passi verso di lui e di scatto lo afferrò al collo. Percorse altri due passi e lo sollevò attaccandolo al muro, pronto a spezzarli il collo, lottando con se stesso per non farlo subito.
“TU ! MERDA INFEDELE, HAI SACRIFICATO A SATANA LA TUA UNICA FIGLIA ! IL MIO UNICO AMOREE !”
Strinse la presa.
“Ed ora tu mi ucciderai vero straniero ?” riuscì a dire Janus, come se lo strangolamento non avvesse effetto su di lui.
“SI ! si ti ucciderò !” Strinse ancora, ed ancora di più.
Vide il volto del suo nemico gonfiarsi, cercare di divincolarsi inutilmente da quella stretta mortale, tirare fuori la lingua da quella piccola fessura che era diventata la sua bocca ed avvertì le ossa del cranio del padre di sua moglie sgretolarsi sotto la ferrea pressione delle sue mani.
Poi lo lasciò cadere.
Il tonfo del corpo senza vita di Janus fece il rumore di un sacco vuoto, non producendo nemmeno un pallido eco.
Poi Alessandro riprese fiato.
Avvertì un dolore lancinante al fianco, e solo dopo averci poggiato sopra la mano lo scopri colmo di sangue.
Janus aveva un coltello e lo aveva usato, ma nel momento non se n’era neppure accorto.
Riprese la sua spada da terra, si riavvicinò al vecchio cadavere che giaceva al suolo.
Per estirpare il demonio dagli infedeli, sapeva che bisognava tagliargli la testa.
Sollevò la grande lama sopra le spalle.
Fu allora che gli occhi di Janus si aprirono di scatto. Lui rimase impietrito, ma non potè fare a meno di ascoltare quello che miracolosamente la bocca dell’uomo stava per dire.
“Tu .. tu mi hai portato via la figlia straniero … la figlia e la fattori
Io avevo il potere di uccidere te e la tua progenie, ma l’amica morte sarebbe stata poco per te.
Ma io conosco il modo per comunicare con essa; come chiederle dei favori in cambio di altri; come evocarla con sacrifici e liturgie.
Tu mi hai ucciso straniero, ma tu verrai ucciso mille e mille volte ancora.
Tutto il sangue che hai versato, lo verserai ancora.
Tutto il dolore che hai provato, tu lo proverai ancora.
Che questo sia il tuo inferno straniero, per sempre”.
Un sorriso nefasto di trionfo si cominciò a delineare sul volto del cadavere, ma la lama calò di netto, tranciandone via la testa.

Spossato e distrutto, il crociato si appoggiò alla grande spada d’avorio che possedeva, portando l’altra spalla sulla fredda roccia di quella caverna anonima.
Passarono alcuni minuti, poi sentì una presenza inquietante osservarlo a poca distanza, ed alzò gli occhi.
Un losco figuro, vestito completamente di nero, con scoperto solo un volto bianco ed asettico ad identificarlo come uomo, lo stava fissando con un’espressione spenta.
Alessandro non sapeva cosa stesse succedendo.
Ebbe visioni di sangue, morte, strani discorsi e di alcuni pezzi neri e bianchi poggiati su un tavolo.
La visione di una regina che si muoveva pericolosa e di una voce sterile pronunciare le parole “Scacco matto”. Ma questo svanì subito nella mente stanca e morente del guerriero.
Guardò il suo strano inquilino, e capì di chi si trattava. Poi, non senza sforzo, pronunciò:
“Finalmente sei arrivata”

3 commenti:

Karoo ha detto...

mi rivolgo a Paolo che è l'unico che ha letto questo racconto ..
Paciuta la fine ? spero di si anche se ne avevo in mente altre molto differenti ;)
Cmq almeno l'ho finito !

Karoo ha detto...

leggilo se ti piace ;) anche se ovviamente quando scrivo qualche cosa mi fa piacere che venga letta, soprattutto dagli amici ;)
stasera DEVo uscire :P perché my mom mi vuole fuori di casa .. dimmi cosa vuoi fare!

Karoo ha detto...

Say ? e chi è ??
no no dai, mandamelo per mail il parallelo .. tanto lo so che è tutto un plagio alla fine !