giovedì, marzo 02, 2006

Mameli

Il nostro inno nazionale; a chi piace e a chi no, ma magari vuole sapere che significa:

Fratelli d'Italia / L'Italia s'è desta / Dell'elmo di Scipio / S'è cinta la testa (1) /
Dov'è la vittoria? / Le porga la chioma (2) / Che schiava di Roma / Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte (3)/ Siam pronti alla morte, / Siam pronti alla morte (4)/ Italia chiamò
Noi fummo da secoli (4a) / Calpesti e derisi, / Perchè non siam popolo, / Perchè siam divisi. / Raccolgaci un' unica bandiera, / Una speme, /Di fonderci insieme / Già l'ora suonò.
Uniamoci, uniamoci / L'unione e l'amore / Rivelano ai popoli / Le vie del Signore (5) /
Giuriamo far libero / Il suolo natio / Uniti per Dio (6)/ Chi vincer ci può?
Dall'Alpe a Sicilia / Dovunque è Legnano (7), / Ogn'uomo di Ferruccio (8)/ Ha il cuore e la mano,
/I bimbi d'Italia / Si chiaman Balilla (9)/ Il suon d'ogni squilla / I vespri suonò (10).
Son giunchi, che piegano, / Le spade vendute (11). / Già l'aquila d'Austria (12) / Le penne ha perdute /
Il sangue d'Italia / Bevé col cosacco / Il sangue polacco (13) / Ma il cor lo bruciò.


(1) La cultura di Mameli è classica ed è forte in lui il richiamo alla romanità. L'Italia, ormai pronta alla guerra contro l'Austria, si cinge la testa, in senso figurato, (s'è cinta la testa) con l'elmo dell'eroico generale romano Publio Cornelio Scipione, detto poi l'Africano, (Scipio) che nel 202 a.C. sconfisse il generale cartaginese Annibale nella famosa battaglia di Zama (nella attuale Algeria), riscattando così la precedente sconfitta di Canne e concludendo la seconda guerra punica. Dopo la disfatta, Cartagine sottoscrisse il trattato di pace con Roma per evitare la totale distruzione.
(2) Qui il poeta si riferisce all'uso antico di tagliare le chiome alle schiave per distinguerle dalle donne libere che portavano invece i capelli lunghi. Dunque la Vittoria deve porgere la chiome perché le venga tagliata quale schiava di Roma sempre vittoriosa.
(3) La coorte, cohors, era un'unità da combattimento dell'esercito romano, decima parte di una legione; nulla a che vedere con la corte.
(4) Qui a tutti tremano le vene dei polsi, altri fanno scongiuri, ma vale la pena ricordare che l'autore fu coerente con le sue parole.
(4a) Mameli sottolinea il fatto che l'Italia non è unita. All'epoca infatti (1848) era ancora divisa in sette Stati.
(5) A dire la verità si potrebbe intravedere in questi versi un sentimento democristiano ante litteram, ma è nota la religiosità di Mazzini, spesso deriso per questo da Marx con il nomignolo di Teopompo.
(6) Il verso "Uniti per Dio" in alcune versioni appare come "Uniti con Dio", per non essere confusa con l'espressione popolare e quasi blasfema "per Dio" ancora oggi in uso nel linguaggio popolare italiano. Nel poema però il verso è derivato da un francesismo che significava "da Dio" o "attraverso Dio".
(7) Ossia la battaglia in cui i comuni italiani uniti in lega e guidati da Alberto da Giussano batterono il Barbarossa. E qui va detto che Bossi ha toppato scegliendo un eroe che combatte contro i tedeschi, alleato con il Papa di Roma e non viceversa. Ma si sa che la storia non è il suo forte.
(8) In questa strofa, Mameli ripercorre sei secoli di lotta contro il dominio straniero. Anzitutto, la battaglia di Legnano del 1176, in cui la Lega Lombarda sconfisse Barbarossa (ovunque è Legnano). Poi, l'estrema difesa della Repubblica di Firenze, assediata dall'esercito imperiale di Carlo V nel 1530, di cui fu simbolo il commissario generale di guerra della Repubblica fiorentina, Francesco Ferrucci (ogn'uom di Ferruccio ha il cor e la mano). Dieci giorni prima della capitolazione di Firenze (2 agosto) egli aveva sconfitto le truppe nemiche a Gavinana. In Firenze fu ferito, catturato ed ucciso da Fabrizio Maramaldo (capitano dell'esercito imperiale), un italiano al soldo dello straniero, al quale rivolge le parole d'infamia divenute celebri "Tu uccidi un uomo morto".
(9) I "Fascisti" non rientrano nell'affermazione, in quanto "Balilla" è il soprannome di Giambattista Perasso, il ragazzo genovese che con il lancio di una pietra diede inizio alla rivolta popolare di Genova contro gli austro piemontesi il 5 dicembre 1746 .
(10) Si tratta dei Vespri siciliani, rivolta (1282) degli isolani contro i francesi, che poi per stanarli gli facevano vedere dei ceci e gli chiedevano: cosa sono questi? E loro, non sapendo pronunciare la "c" dolce, dicevano "sesi", e i siciliani giù botte!
(11) Le truppe mercenarie di occupazione.
(12) L'aquila bicipite, simbolo degli Asburgo.
(12) - (13) L'Austria era in declino (le spade vendute sono le truppe mercenarie, deboli come giunchi) e Mameli lo sottolinea fortemente: questa strofa, infatti, fu in origine censurata dal governo piemontese. Insieme con la Russia (il cosacco), l'Austria aveva crudelmente smembrato la Polonia. Ma il sangue dei due popoli oppressi si fa veleno, che dilania il cuore della nera aquila d'Asburgo.

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