sabato, novembre 25, 2006

Violenza

La toyota grigia parcheggiò al solito posto dentro il garage condominiale di Via del Giuoco 9, nella tentacolare città di Milano.
Marialuisa scese dall'auto vagamente di fretta, cominciando veloce a scendere tutte le borse e le buste di regali che avrebbe messo sotto l'albero, una volta salita in casa. Doveva fare presto per andare a dormire, domani l'avrebbe aspettata un'altra giornata di riunione. Doveva presentare il lavoro di due settimane e quel lavoro l'aveva preparato in cinque giorni, perdendo capelli e pazienza dietro alla sua vita frettolosa.
Dopo che Marco aveva perso il lavoro e Caterina era andata alla scuola privata, i soldi per il mutuo e le bollette non sembravano bastare mai, e lei doveva correre dietro ad ogni cosa cercando di crescere una figlia e di mantenere una famiglia sempre più esigente, in una girandola di stress che forse ogni donna doveva sopportare.
Quando chiuse la porta della macchina si ricordò di non aver preso le chiavi di casa, come spesso dimenticava di fare, e dopo aver poggiato le buste si infilò nell'auto rimanendo con le sinuose gambe fuori, coperte solo dalle calze e le scarpe rosse con il tacco alto che tanto le dolevano i piedi.
Fu lì, nell'ombra di una colonna, che egli decise di agire.
La osservava da tempo ormai, da un tempo che nella sua mente si era dilatato fino a divenire un'eternità di pensieri.
La prima volta fu solamente un eccitazione improvvisa, legata all'abbigliamento, alla postura, e non alla persona in sé. Poi in fretta divenne un pensiero ricorrente, un'immagine alla quale ricorrere nelle ore di silenzio sopra il letto, nella solitudine delle sue giornate.
Quella sensuale immagine si trasformò lentamente eppure in così poco tempo in un'icona di piacere, tanto potente da assumere connotati nuovi. Il primo fu il suo odore di rosa, il profumo costoso di una donna di successo. Il secondo fu la carne, il sentire tutto di quelle forme nascoste dal tailleur di marca che indossava così spesso. L'ultimo fu il sapore, un sapore di acqua e sale, gustoso alla lingua e dolce al palato.
Dal suo semplice nascondiglio, l'uomo godeva dello spettacolo della donna, del suo muoversi inconsapevole della propria sensualità, del mostrarsi disinvolta in una posa tanto oscena.
Il suo desiderio era divenuto ossessione, ed a quel punto ogni piacere di immaginare divenne il dolore del non avere.
L'uomo si mosse in direzione dell'auto proprio mentre lei ne chiudeva la portiera, passando sotto ampi archi di luce ed ombra che graduavano il suo sorriso crescente alla vista.
La donna si girò ed una forte mano sulla bocca le impedì di urlare quanto avrebbe voluto. Il suo sguardo era un misto di sorpresa e paura mentre le sue pupille si dilatavano come mai si era visto. Le mani si alzarono quasi in gesto di una inconsapevole resa, muovendosi poi con una convinzione nervosa, ancora timorosa di procurare del male quanto il male stavano per riceverlo. Con una manovra cruenta l'uomo bloccò il corpo della donna tra il suo e quello della macchina, cercando di controllare ogni suo irruento impulso per fare in modo che il gioco non finisse prima del dovuto.
Marialuisa lottò con ogni muscolo ma i suoi gesti erano vani. Era stata la violenza della volontà del suo assalitore a vincerla prima ancora della sua forza fisica. In un'attimo ogni preoccupazione era stata annientata in una scarica di adrenalina che le stordiva i sensi. Non riusciva a muoversi come avrebbe voluto, a reagire come avrebbe pensato perché nulla di lei era preparata ad una simile esperienza.
L'uomo continuò nel suo intento aniamle. In quell'universo di vetro e cemento loro due erano soli, nessuno poteva intervenire e nessuno li avrebbe disturbati. Il cielo era caduto. Non c'era più legge, non c'era più morale. Solo il feroce piacere che lo univa alla sua vittima dominava su tutto, divenendo il centro caldo di quel mondo assassinato.
Le lacrime cominciarono a scorrere sulle guancie di Marialuisa, un pianto muto soffocato dalla mano del suo violentatore. Quante volte aveva attraversato quel garage tanto familiare senza nemmeno pensarci ? Quante volte era passata dalla sua auto alla sua casa senza essere davvero presente, agendo in maniera automatica ? Ora quel posto tanto conosciuto era tramutato in una terra di nessuno, un luogo di terrore che l'aveva afferrata per il collo e struprata nel corpo, nella mente, nell'anima.
Uno schiaffo sonante seguì il coito della bestia. La donna cadde a terra sbucciandosi le ginocchia e piangendo sconvolta dal dolore. Avrebbe voluto urlare ma la sua gola era bloccata, lo stesso respirare li procurava dolore.
L'uomo la guardò rantolare e tremare lì dove l'aveva lasciata. L'immagine della sua colomba ora giaceva in terra insanguinata, lordata dal fango del mondo, ridotta a una misera mortale priva di significato.
Si era liberato di lei, la sua immagine ora poteva lasciare la sua mente.
Marialuisa alzò lo sguardo per vedere il suo carnefice allontanarsi lentamente, con le mani in tasta, come se stesse semplicemente passeggiando per strada.
Dal giubbotto tirò fuori un cellulare e mentre si allontanava cominciò a conversare a bassa voce, con un tono naturale, disteso.
Marialuisa si accasciò per terra assumendo inconsciamente una posizione fetale. I pacchi di natale sparsi ovunque sull'asfalto. Il vestito e le calze strappati e sporchi, le scarpe volate chissà dove.
Un ultima lacrima le attraversò il viso andando a fermarsi sull'incavo tra la bocca ed il mento, trattenendosi sulla sua pelle.
Quando Marialuisa si alzò in piedi, solo molti minuti dopo, quella lacrima quasi asciutta cadde in terra con le altre.
Lei non poteva ancora saperlo, ma quella sarebbe stata l'ultima lacrima che i avrebbe pianto per il resto della sua vita.

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