venerdì, novembre 24, 2006

Ancora Pregiudizi

Vagando su internet ho trovato un testo molto lucido e ben scritto che sarebbe importante leggere per tutti, in modo da farsi una vaga idea di quanto sia importante il pregiudizio nella nostra vita e di quanto questo continui ad influenzare tutta la società mondiale sempre in engativo. Liberarsene per noi non è una cosa che reputo possibile, ma con il nostro sforzo una qualche generazione futura sarà capace di un balzo in avanti di qualità.

"Lavorare sulla nozione di pregiudizio e stereotipo in relazione a bambini e bambine del Terzo millennio assume oggi un valore ed un'importanza ineludibili. Non parliamo naturalmente solo di pregiudizio etnico, che è quello che sembra balzare più agli occhi in una società sempre più "colorata", ma di tutti quegli stereotipi con cui insegniamo ai bambini e alle bambine a non problematizzare e a non problematizzarsi: le bimbe vestono in rosa e i maschietti in azzurro, le donne amano spendere, i maschi sono più risparmiosi, i bambini di paese sanno meno cose di quelli di città, esistono lavori umili e lavori importanti… e così via.


Ora, molte spiegazioni che in ambito psicologico vengono date del pregiudizio sembrano condurre all'idea che questo fenomeno sia in qualche misura legato alla natura umana e che, appartenendo al nostro modo di essere, sia impossibile liberarsi. Ciò non è vero, o almeno lo è solo in parte. Solo la conoscenza dei meccanismi che danno luogo al pregiudizio, e che tra l'altro chiamano in causa fattori cognitivi, identitari e di gruppo, linguistici e comunicativi, possono costituire il mezzo privilegiato per avviare procedure valide di intervento sociale.

Lavorare su questi temi pur così "sottili" e "sommersi" - naturalmente con metodologie adeguate all'età - già con bambini e bambine molto piccoli della scuola materna non è solo possibile, ma anche fondamentale. Si pensi ad esempio all'importanza, e al tempo stesso alla semplicità, di obiettivi che mirano ad educare a non esprimere giudizi alla prima impressione o a portare i bambini e le bambine a comprendere che ciò che è ovvio per qualcuno può non esserlo per tutti.

E' facile dedurre pertanto, già da queste prime notazioni, come il nostro lavoro, che si riferirà in particolar modo ai pregiudizi etnici, possa essere esteso ad una concezione più generale di pregiudizio, inteso appunto come giudizio "previo", basato spesso su informazioni insufficienti e irrilevanti. Naturalmente, la differenza tra pregiudizio e giudizio non è così chiara ed immediata per tutti, anche se i pregiudizi hanno delle caratteristiche comuni:

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Un pregiudizio tende a basarsi più sul "sentito dire" che sull'esperienza diretta (informazione insufficiente)
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A qualcuno con una certa caratteristica vengono attribuite altre caratteristiche non deducibili dalla particolare situazione (informazione irrilevante)
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Il pregiudizio tende ad essere confermato piuttosto che smentito.

Come vengano appresi i pregiudizi e come influiscano sulla loro acquisizioni i comportamenti familiari - anche a livello inconscio e non intenzionale - lo vedremo meglio in seguito. Ciò che va rilevato attentamente è come l'acquisizione di un determinato pregiudizio sia difficile da sradicare perché spesso influenza in maniera pervasiva tutti i vari atteggiamenti e comportamenti della persona. Un esempio in proposito è l'insegnamento di comportamento secondo un determinato ruolo: alcuni insegnanti/educatori e genitori si aspettano un comportamento "maschile" da parte dei ragazzi e "femminile" da parte delle ragazze. Conseguentemente approvano e stimolano il comportamento maschile dei ragazzi e lo ignorano nelle ragazze e vicecersa. I bambini e le bambine apprendono queste idee e si comportano di conseguenza.

Stereotipo e pregiudizio

Che differenza c'è tra stereotipo e pregiudizio? L'impressione comune li "tiene insieme", ma si tratta di termini con un significato profondamente diverso.
Stereotipo. Già la comprensione etimologica del nome aiuta a comprendere e a fissare quindi un sicuro riferimento concettuale. Stereos, in greco, significa "rigido, fermo, stabile", mentre typos significa "modello". Dunque lo stereotipo è un modello fisso di conoscenza e di rappresentazione della realtà. È chiaro, allora, come il processo che porta alla rigidità della semplificazione e della generalizzazione si possa riferire a qualsiasi realtà sociale, senza alcun limite apparente e senza alcuna possibilità, a primo avviso, di dare un giudizio di valore sugli stereotipi in quanto tali. Essi, infatti, funzionano come "guide" nella nostra continua ricerca di informazioni. In un certo senso, essi possono essere considerati come delle "etichette" che noi apponiamo per semplificare la realtà. Il cervello ha infatti bisogno di caselle per esprimere attribuzioni di significato. Ciò premesso, è semplice passare dallo stereotipo al pregiudizio. Come osserva Scilligo, "il pregiudizio può essere visto come un'immagine mentale con una connotazione affettiva di segno negativo verso un gruppo esterno. Si potrebbe considerare lo stereotipo come l'aspetto affettivo o motivazionale che guida verso un certo tipo di azione. Dagli stereotipi e dai pregiudizi possono derivare modi particolari di agire verso le persone e i gruppi. A tali modi si può dare il nome di discriminazioni".

Potremo sostenere, allora, che il pregiudizio è il passaggio logico attraverso cui lo stereotipo si trasforma in razzismo.

Se lo stereotipo è preceduto dalla categorizzazione che introduce ordine e semplicità di fronte alla complessità dell'incontro con le Alterità, ognuna delle quali, essendo caratterizzata dalla propria unicità, è di difficile comprensione, la tendenza è quella di attribuire ai singoli individui (di cui possediamo conoscenze vaghe, scarse, ambigue) quello che crediamo sia caratteristico del gruppo a cui appartengono. Il razzismo è allora un precipitato del pregiudizio, per usare una felice espressione di Franco Di Maria, perché diventa un accentuare la diversità per non accettare le somiglianze, per trasformare l'Altro in un vuoto di somiglianze da riempire, perché no appartiene a quell'insieme di convenzioni che ci danno sicurezza e che apparentemente sostanziano il nostro essere. L'Altro è infatti sempre il perturbante, quello che determina la fine dell'equilibrio e dell'omeostasi, quello che scompiglia tutta la vita o anche solo una classe di bambini e bambine.

L'Altro è l'amore e insieme l'odio, quello che mette in crisi, nel senso di cambiamento, il nostro esser-ci nel mondo. Ma se oggi dovunque si sente ripetere a gran voce che questa è la società del cambiamento, che è fondamentale imparare a imparare per tutta la vita, che il senso del conoscere è imparare a de-costruire ogni conoscenza per poi rimetterla in gioco, allora non può sfuggire l'importanza di lavorare sugli stereotipi e i pregiudizi dei bambini e delle bambine, cercando di comprenderne la genesi e gli aspetti, soffermandosi sulle ricerche fatte in tal senso, ricordando che se qualsiasi gruppo e qualsiasi persona può subire un processo di stereotipizzazione, in un contesto di educazione interculturale ci occuperemo di stereotipi "etnici", ricordando però che l'incontro con l'Altro non è solo da intendere come qualcuno che viene da lontano e che le culture che giorno dopo giorno ciascuno di noi, piccolo o grande, deve mediare, conoscere, inter-connettere non sono solo quelle che appartengono a popoli, persone diverse perché anche fisicamente di altrove. L'incontro con l'Altro ci riporta ad ataviche dualità ancora oggi difficili da gestire: Maschile versus Femminile, giovane versus anziano, padre versus figlio…

Rendersene conto è il primo modo per agire."

Marialuisa Damini

P.S. = si, questo è un copia+incolla :P

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