mercoledì, aprile 02, 2008

Sogni di un'altra vita

- "Era molto tempo che non riuscivo a dormire così bene" confessò Lucio alla moglie Marisa quando si alzò dal letto la mattina successiva.
Lei gli sorrise e si alzò per preparare la colazione, mettendo in mostra la sopraffina sottoveste rosata che le scendeva fino a metà coscia.
Rimanendo nel letto, sorseggiando il caffé-latte dal delicato servizio di porcellana, Lucio decise di raccontare il sogno dal quale si era appena destato.
- "Era veramente terribile. Sarebbe stato un'incubo se nel sogno non fossi stato a proprio agio, abituato a quel mondo in guerra; a fuggire e nascondersi nelle vie sotterranee, ad evitare ogni contatto, ogni coinvolgimento"
La moglie ascoltava il racconto del marito con molta attenzione mentre masticava lentamente un biscotto di pastafrolla.
- "Ma che guerra era?" Chiese mimando distrazione.
- "Una guerra orrenda, - continuò lui, sorridendo al pensiero che fosse stato tutto un sogno, - una guerra con un nemico superiore, con armi di portata allucinante, che aveva seminato distruzione in tutte le città. Gli unici di noi rimasti vagavano tra le macerie cercando solo di sopravvivere, di non farsi vedere"
"E tu non avevi paura?" Chiese ancora la donna. Poi si alzò e cominciò con calma a scegliersi i vestiti.
Mentre il marito rispondeva, si recò in bagno per lavarsi, lasciando aperta la porta.
- "Continua, ti sento .."
- "Dicevo che avevo molta paura, ma anche consapevolezza. Sapevo che rimanere nascosto era l'unica soluzione per evitare di scomparire. Un sogno notevolmente complesso, devo ammettere; strano che lo ricordi ancora così bene .."
Il rumore del lavandino si unì alla routine mattutina di Marisa mentre con lo sapazzolino in bocca cercò di porre altre domande a Lucio.
- "A volte capita. Una volta ho sognato tutta un'altra vita in cui ero un gatto"
- "Davvero curioso"
- "Già. Ma perché dovevi stare nascosto? Ancora non ho capito bene"
Lucio posò la tazza sul vassoio d'argento ed allungò il braccio per aprire le tapparelle, innondando la stanza di luce. Con il sole perfettamente davanti alla finestra, fuori non si vedeva nulla.
Non gli andava di alzarsi; si girò tra le lenzuola coprendosi a bozzo mentre continuava a spiegare.
- "Perché io conoscevo un segreto. Ero uno importante... come un colonnello o qualcosa del genere... e i nemici volevano catturarmi per strapparmi via questo segreto che io sapevo"
Lo scroscio dell'acqua cessò e Marisa uscì dal bagno asciugandosi il volto. Preso un bel respiro, cominciò a vestirsi con gli abiti che aveva posato sul letto prima.
- "Hai ragione, sembra più complesso di un semplice sogno"
- "Già"
- "Ma era solo un sogno"
Lucio fece una smorfia da sotto le coperte. Marisa aveva il perenne difetto di sottolineare l'ovvio, cosa che non sopportava. Gli sembrava sempre di parlare solo lui.
- "Comunque che segreto era?" Continuò lei.
- "Il nemico aveva trovato un'arma costruita da noi capace di eliminarci tutti, ma non aveva una chiave, una scheda, qualcosa di simile. Solo io sapevo dov'era"
Abbassando leggermente le coperte per osservare fuori, Lucio vide la moglie girata di spalle indossare i jeans.
Quel movimento tanto abituale la rendeva sensuale e dolce al tempo stesso. Una visione che infondeva energia e pensieri viziosi.
- "Certo che ne hai di fantasia"
- "Si bhé, nel sonno tutti ne hanno"
- "Immagino di si"
Marisa prese la borsa dal comò e ne controllò velocemente il contenuto, poi la mise sottobraccio.
- "Bhe, ma alla fine che succede ?"
- "Finisce male. Stavo per essere catturato quando mi sono svegliato"
- "Probabilmente ero io che ti abbracciavo" Disse lei sorridendo.
- "Forse. E' una spiegazione"
Lucio sorrise tra sé e sé mentre con la mano controllava la crescita della propria barba mettendosi seduto appoggiato sui cuscini.
- "E la vuoi sapere una cosa assurda?" Chiese guardando il proprio ventre sotto lenzuola.
- "Cosa?" Chiese lei sulla soglia della stanza da letto.
- "Ero sicuro che la chiave non l'avrebbero mai trovata, perché l'avevo dentro il corpo. Cucita all'interno della pancia. Era una cosa che in qualche modo mi dava sollievo"
- "E' veramente una cosa strana. Avrai mangiato troppo pesante ieri, te l'avevo detto; ti faceva male la pancia" Concluse lei. Poi, mentre stava per uscire di casa, si voltò verso la stanza.
- "Ti amo, lo sai?"
La voce del marito arrivò dal letto, con tono dolce ma anche abitudinario:
- "Anche io cara" Rispose.
Marisa uscì di casa.
Attraversò con passo svelto tutto il corridoio della base, superando finestre di controllo, telecamere di sorveglianza, guardie armate e droni-guardia.
Entrò velocemente nella stanza 199, usando il suo pass di controllo.
Quando la porta si aprì, vari uomini in divisa militare e scienziati in camice bianco la guardarono con un sorriso di soddisfazione.
Lei non sorrideva. Li guardò uno ad uno, poi disse con voce atona:
- "E' dentro di lui. Basterà un'operazione di routine"
Gli uomini non aspettavano altro. Si misero subito a lavoro alle console ed al telefono per pianificare il tutto.
Marisa guardò con sguardo leggermente triste il graduato che gli stava più vicino.
- "Lascerete attivo il trattamento allucinogeno dopo l'operazione?"
Il soldato la guardò come se non avesse capito il senso della domanda.
Marisa abbassò gli occhi.
- "No, scusami. Fa come se non avessi detto niente"

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