C'è un lavoro da fare entro il tempo X. Per portarlo a termine esistono due soluzioni:
1) Eseguire una procedura standard. In questo caso il lavoro verrà eseguito, ma oltre il tempo limite, risultando quindi inutile e non raggiungendo il fine che ci si è preposti.
2) Eseguire una procedura personale. Questa procedura è più veloce e porterà a termine il lavoro in tempo,
ma essendo una iniziativa personale, ogni intoppo ricadrà su di noi.
Io sono ovviamente promotore della seconda scelta. Prima di tutto perché è l'unica che a mio avviso serve allo scopo, ovvero porta a compimento il lavoro nella scadenza prevista.
Il mio collega sostiene invece la prima metodologia, in quanto non è minimamente interessato al raggiungimento dell'obiettivo, ma solo alla possibilità di scaricare la responsabilità del fallimento a colui che ha in precedenza imposto una procedura lenta ed obsoleta.
Il fatto strano è che, all'interno di questo contesto lavorativo, il mio collega ha ragione.
La cosa inizialmente mi sfuggiva, perché mi sento ancora legato ad un mondo in cui il lavoro è responsabilità del lavoratore, e che il (In questo limite) il fine giustifica i mezzi.
Ma non è così.
La nostra figura qui dentro non deve avere capacità pensante. Nonostante esegua un lavoro qualificato, che necessità di conoscenza ed iniziativa per essere svolto, siamo visti e trattati alla stregua di strumenti.
Complessi strumenti che il suo utilizzatore non capisce e si limita a maltrattare e sostituire quando ai suoi occhi non sono funzionanti.
Immaginate un vecchietto che urla contro il bancomat perché questi non gli eroga i suoi soldi. La colpa difficilmente sarà del bancomat, visto che per gli altri funziona benissimo, ma il vecchietto ne sarà sempre convinto e continuerà a tirargli bastonate, come se il ricevere traumi fisici potesse in qualche modo giovare ai meccanismi interni della macchina.
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